Consapevolezza, conciliazione vita e lavoro e intelligenza artificiale
A volte le persone mi chiedono cosa faccio, come lavoro si intende, perché fuori dal mio ambito lavorativo, non è che ne parli proprio tanto. Non perché non ne vada fiera, anzi… è che mi piace fare tante cose e dopo essermi dedicata per tanti anni, quasi solo allo studio, alla formazione e al lavoro, ora, mi piace dedicarmi anche ad altro.
Però a questa domanda ho voluto rispondere prima di tutto per me stessa, perché dopo aver messo assieme competenze ed esperienze, anche molto diverse tra di loro, un po’ di chiarezza con me dovevo farla. E’ che le cose ho bisogno di viverle, di sentirle e di consapevolizzarle… prima di dire. Sono fatta così.
Cosa faccio?
Il mio lavoro è quello di facilitare l’organizzazione e la gestione del lavoro delle persone nelle aziende.
Accompagno le aziende in un percorso di armonizzazione tra vita privata e vita lavorativa partendo da un’analisi profonda dell’azienda e il primo punto da cui parto sono le persone. Parto da lì perché sono un coach, anzi sono un’ Unconventional coach, uscita dalla scuola AF 13 di Andrea Favaretto, che porta avanti il principio di “successo senza sforzo“, dove per “senza sforzo“ non significa non fare nulla o non fare fatica o fare solo ciò che ci va, bensì capire esattamente come funzioniamo per capire cosa è funzionale per noi e cosa non lo è, per evitare di voler raggiungere obiettivi, di fatto, non allineati con noi, per mille motivi, senza nemmeno esserne consapevoli. Andiamo avanti perché pensiamo che quella sia l’unica modalità, l’unica strada ma non ci fermiamo un attimo a valutare davvero se sia allineata con noi perché semplicemente non ci conosciamo. Non sappiamo come performiamo, cosa ci toglie energia e cosa ce la dà.
E a questo ho unito il principio per me sacrosanto dei “risultati in armonia” di Family Business Unit, società fondata in Italia da Luca Marcolin, che si occupa di aziende di famiglia, dove si fondono i più forti interessi patrimoniali ed economici, con gli affetti più sentiti e più profondi. Un terreno delicatissimo che, come i dati dimostrano, è talmente delicato da far bruciare ogni anno, in tutto il mondo, un numero elevatissimo di aziende e patrimoni, semplicemente perché viene dato per scontato che l’elemento più importante, i pilastri e le fondamenta di un’azienda, ovvero le relazioni, sia “normale” che debbano andare (o non andare), in un determinato modo.
Per me fare questa attività di accompagnamento nelle aziende è davvero il mio. Vedere le persone che trovano anche un piccolo vantaggio dalle attività che facciamo, accompagnarle in un percorso pratico, concreto e di consapevolezza, è ciò che più mi sta a cuore. Perché è ecologico per le persone e lo è per le aziende e per i loro risultati.
E quando parlo di persone non parlo solo dei lavoratori ma anche delle loro famiglie.
Le aziende possono farsi comunità educanti e veicolare una cultura di attenzione per le persone, per i genitori che diventano anziani, per il rispetto dei tempi dei bambini, dei ragazzi, delle loro modalità di apprendimento, della necessità di tempi e luoghi per la famiglia, perché è sano per loro, per le aziende, la società.
La mancanza di tempi da destinare a sé stessi e alla famiglia ha costi elevati per i Paesi: sono costi sociali, costi sanitari, mancanza di cultura del rispetto.
Ecco, in un’azienda si può fare tutto questo e non si fa a scapito della produttività aziendale ma per la produttività.
Quando al centro ci sono le persone e la loro consapevolezza il resto viene di conseguenza, non senza metodo, organizzazione e sistemi di misurazione s’intente!
L’intelligenza artificiale ha creato un sistema di big data dove l’”esterno” ci conosce più di quanto noi conosciamo noi stessi. Il nostro inconscio, che traspare (spesso inconsapevolmente) dalle nostre preferenze, dalle nostre scelte, da cosa leggiamo, da cosa acquistiamo, da dove andiamo, da chi frequentiamo, viene ricostruito da logaritmi che qualcuno ha progettato e di cui dispone. E’ noto (o forse no?) ma non fino in fondo io credo. Questo però è un dato di fatto e da qui non si torna indietro.
Il Prof. Rodotà nel volume postumo “Vivere la democrazia”, riprende uno studioso americano che definisce “l’identità come la sostanza di ciò che siamo e del modo in cui siamo in relazione con gli altri” e apre la riflessione sul concetto di “identità digitale” della persona, allontanandola da quella fisica. Ma questo congedo dell’identificazione della fisicità e l’incertezza della identificazione del soggetto in dati e algoritmi, determina un ritorno alle “componenti fisiche”…
Noi abbiamo degli elementi che l’intelligenza artificiale non ha: il sentire, i sentimenti, i sensi, il mindset, la consapevolezza mente corpo.
Forse è arrivato davvero il momento di conoscersi di più, prima che il resto ci conduca dove in realtà non vorremmo andare e questo passa solo dalla consapevolezza e dalla conoscenza di se’. E se all’inizio, in alcuni casi, potrebbe anche un po’ spaventare, nel medio-lungo periodo, rappresenta un vantaggio per noi, per chi ci sta accanto, per le nostre famiglie e anche per le nostre aziende!