Lavoro da remoto: quando non è sufficiente gestire l’emergenza
Lavoro da remoto: non è sufficiente gestire l’emergenza, perché potrebbe non essere per un periodo breve e perché gli investimenti economici che le aziende stanno facendo, meritano e possono aspirare ad un incremento delle performance aziendali
Da circa di 2 settimane non si parla d’altro, “smart working”, associandolo al lavoro da casa, attivato dalle aziende sui propri collaboratori, anche dove non era mai stato strutturato un progetto specifico.
Ma se andiamo a vedere la definizione specifica di smart working del Politecnico di Milano, risulta essere la seguente: “un nuovo modello di ORGANIZZAZIONE del lavoro fondato sulla restituzione alle persone di FLESSIBILITA’ e AUTONOMIA nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti, da utilizzare a fronte di una maggiore RESPONSABILIZZAZIONE SUI RISULTATI”.
Ben altro quindi dal “lavorare da remoto”, da un giorno all’altro, senza intervenire sull’organizzazione, sull’autonomia e soprattutto su RESPONSABILITA’ e CONSAPEVOLEZZA dei lavoratori.
Una sorta di tampone quindi per far fronte all’emergenza, per continuare a lavorare per mantenere attivi tutti i servizi possibili e preservare posti di lavoro (per nulla scontati in questo momento ahimè, in particolar modo per tutte quelle attività che non si possono svolgere davanti ad un pc e che hanno tutta la mia solidarietà).
Il tema è: sarà sufficiente implementare la tecnologia come stanno facendo molte aziende e dare indicazioni veloci ai lavoratori?
Sul breve termine potrebbe esserlo ma sicuramente non lo sarà su tempi più lunghi: pensiamo ad un’organizzazione fondata fino al giorno prima su spazi ed orari ben definiti, su relazioni e incontri personali, che si trova improvvisamente ad essere gestita tramite alcuni incontri in videoconferenza, molte ore di lavoro in solitudine in un ambiente non abitualmente utilizzato per l’attività lavorativa, con tempistiche e organizzazione definite, forse per la prima volta, in autonomia.
L’ufficio, i colleghi, il caffè, la pausa pranzo, gli appuntamenti dai clienti, le riunioni, potrebbero aver strutturato, per anni, abitudini così radicate, da svolgere l’attività quasi senza pensare e dall’oggi al domani, tutto è cambiato. Per qualche giorno potremmo gestirla ma sul lungo periodo, il nostro mindset tenterebbe sicuramente di riportarci alle vecchie modalità. Potremmo veder crollare quei pilastri inconsapevoli che hanno sorretto le nostre giornate per anni e ciò causerebbe sicuramente un senso di smarrimento molto forte.
E’ chiaro che questo avrebbe un forte impatto sul lavoratore e potrebbe tradursi in una mancanza di performance, prima veicolate e garantite da abitudini e modalità consolidate.
Tutto ciò a fronte comunque di investimenti importanti per le aziende.
I veri progetti pilota di smart working difficilmente partono con una percentuale alta della popolazione aziendale, vengono strutturati con cura inserendo informazione, formazione e valutazione attenta di diversi elementi e ad oggi, mediamente, le giornate di lavoro da remoto, per lavoratore, sono di una alla settimana.
In questa situazione di emergenza si vedono invece molte aziende, che senza aver previsto nient’altro che la strumentazione necessaria, permettono ai lavoratori di lavorare da casa, ogni giorno e non sappiamo per quanto si dovrà/potrà andare avanti. Intendiamoci, è già lodevole!
Ma la tecnologia, da sola, non introduce un nuovo modello organizzativo.
Per fare quello è necessario agire sulle persone, sull’organizzazione, sulla definizione e misurazione di risultati ed è necessario far sentire le persone partecipi di qualcosa di grande.
Le regioni più colpite in questo momento sono Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che producono, da sole, oltre il 40% del PIL nazionale. Lo scopo di traghettare fuori da questo caos il nostro Paese credo (auspico) che ci sia, facciamolo sentire e diamo supporto alle attività che in questo momento faticano ad avere soluzioni veloci da adottare.
Un amico mi ha insegnato che spesso sono le storie che ci raccontiamo ad essere deboli.
Scriviamo una storia che cavalchi consapevolezza, responsabilità e sostenibilità.
Sarebbe stato bello farlo senza emergenza, con più lungimiranza, più attenzione alle necessità di persone e clima, più attenzione alle possibilità offerte oggi dalla tecnologia, senza arroccarsi su modelli organizzativi obsoleti e insostenibili ma ora abbiamo questo, tanto vale provare ad utilizzarlo al meglio.
Ph: Steve Mc Curry “Oltre lo sguardo”